Osservando le generazioni di adolescenti e giovani adulti di oggi, come anche quelle passate, vediamo come la musica assume un ruolo centrale nella loro quotidianità, dove ritmi, testi, parole e immagini sembrano essere i loro più fidati compagni di viaggio. Il mondo adulto, però, si interroga spesso sulla bontà di queste passioni e dei modelli ai quali i ragazzi sono esposti e che ricercano.
In questo senso capita di chiedersi:
Ma perché è così importante la musica in adolescenza? Che cosa ci trovano?
Per comprendere bene il valore che la musica ha per i giovani, possiamo innanzitutto partire dal vederla non solo come il prodotto musicale finale (brano, album, videoclip) ma come un vero e proprio movimento socioculturale fatto di musiche, testi, mode e ideologie che mira a differenziarsi dalle precedenti generazioni, divenendo così un proprio spazio identitario. È in questi movimenti che i giovani creano gruppi di appartenenza, che si caratterizzano per i luoghi di ritrovo, per gli abiti alla moda, per la presenza o meno di tattoo o piercing, dove le musiche e testi in cui si rispecchiano divengono la colonna sonora della loro adolescenza. La musica ascoltata e prodotta, soprattutto in età adolescenziale, può essere quindi intesa come un importante modalità con cui sperimentarsi, confrontarsi, esprimere la propria soggettività e dove quindi “svolgono quell’attività ben sviluppata del tempo libero, che è la scoperta di sé” (Thornton, 1998).
L’universo musicale dei giovani d’oggi è sicuramente differente da quelle delle precedenti generazioni sopratutto perché profondamente legato allo sviluppo tecnologico. Mediante Internet, i social e le piattaforme di streaming, la musica assume forme “liquide” e “virali” che, una parte, la rendono più standardizzata e contraddistinta da un ascolto passivo (Horkheimer & Adorno, 1956), dall’altra, però, favoriscono una globalizzazione della stessa con importanti ricadute positive (Spaziante, 2007). La viralitàdella musica odierna, ha, infatti, favorito l’accesso alle diverse forme artistiche ad essa legate, sia in termini di fruizione che di produzione, riuscendo anche ad abbattere le barriere e limiti geografici, sociali e culturali, avvicinando così mondi che prima apparivano più distanti (Benjamin,1936; Savonardo, 2017).
I ragazzi, attraverso la tecnologia, possono quindi oggi avere sempre con sé tutta la “propria musica” da condividere anche mediante playlist, stories o reel dei diversi social, che permette loro di esternare, anche se in modalità talvolta spettacolarizzate, emozioni e sentimenti che diversamente potrebbero rimanere celate. In questo modo la fruizione di questi mix di suoni, parole e immagini, che risuonano nel loro mondo emotivo, offre ai ragazzi, la possibilità di decodificare sentimenti ed emozioni che possono così essere anche espresse e condivise più facilmente. La musica, in questo senso, può quindi essere vista come uno strumento di auto-narrazione e di rappresentazione delle parti di sé ancora in formazione, che dà vita a qualcosa che, in adolescenza, non solo non è semplice sperimentare, ma che assume anche le forme di un terreno fertile per l’assolvimento dei compiti evolutivi e maturativi futuri (Savonardo 2017).
Se pensiamo alle diverse epoche musicali giovanili, vediamo come queste siano ricorse spesso alla musica come strumento “di rottura” dalle generazioni precedenti, nelle quali, si può facilmente vedere come siano stati gli aspetti simbolici volti a una differenziazione e individuazione ad esserne il motore. I primi movimenti giovanili, ad esempio, hanno ricercato una “rottura” dalla generazione dei padri con la spettacolarizzazione del “Rock and Roll” che con “Elvis the pelvis” porta per primo la sessualità sul palco, alla quale segue poi la “beat generation” dai testi impegnati e dal rifiuto del materialismo (Battistini, 2015). Successivamente è il “Glam-Rock” che, prediligendo lustrini, paillettes, ed altri oggetti appariscenti, rimischia le carte e crea nuovi giochi identitari. La “Disco music” come sottocultura predominante dopo la “Beat” e la “Glam generation” si rimodella nuovamente in modalità meno fluide e accomunate per lo più da stroboscopi, balli e poca attenzione ai testi. È, infine, con la cultura hip-hop, prima con il Rape poi con la Trap, che ritorna un’attenzione al testo musicale dove, anche se con un linguaggio poco forbito e spesso aggressivo, cerca di dar voce a quelle realtà socio-culturali più fragili e spesso celate, tentando, al contempo, di esaltare le contraddizioni del mondo adulto (Spaziante, 2007).
Al giorno d’oggi, però, ci si trova spesso a discutere della bontà dei modelli ai quali i giovani sono esposti, dove l’esaltazione di atteggiamenti rabbiosi e talvolta aggressivi preoccupa comprensibilmente il mondo adulto che, nel timore di una emulazione, li demonizza e/o vieta. Parallelamente alle riflessioni e scelte educative che il mondo adulto in genere ritiene utile adottare, si potrebbe anche pensare a come il mondo musicale degli adolescenti non possa essere una chiave di lettura per comprendere qualcosa di più del loro mondo emotivo. L’interrogarsi su quali siano siano gli aspetti che hanno attratto e attraggono ancora ora i giovani, quali suoni o parole sentono che li rispecchiano, potrebbe forse offrire l’opportunità per comprendere e sintonizzarsi maggiormente con le loro paure, aspirazioni, delusioni e arrabbiature.
In conclusione possiamo quindi vedere come la musica sia sempre risultata un utile strumento giovanile per differenziarsi e per ricreare un proprio spazio d’individuazione in cui sperimentarsi. I movimenti musicali, mediante i loro riti, codici, mode e confronti ideologici permette quindi di accendere l’immaginario giovanile e assolvere a quei compiti evolutivi che gli permettono di sperimentarsi nel mondo sociale e, mediante processi di identificazione e disintificazione, poter così avviare il processo di costruzione di una propria identità (Miscioscia, 1999). Noi psicologi che nelle scuole, nei nostri studi o nei diversi spazi, ci troviamo a parlare quotidianamente con gli adolescenti, possiamo, in questo senso, cogliere l’opportunità di questo grande spazio simbolico che ci viene offerto dalla loro musica.
Dott. Antonio Salerno
Psicologo-Psicoterapeuta
Libro: https://www.lameridiana.it/adolescenti-e-musica.html
Bibliografia:
- Battistini E. (2015) “Tre spunti di riflessione tra rock, psicoanalisi e semiotica” In DE MARI M., CARNEVALI C., SAPONI S. (2015) Tra Psicoanalisi e Musica, Roma: Alpes Italia, 2015.
- Benjamin W. (1936) Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, Suhrkamp Verlag, Frankfurt 1955. (trad. it. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino, 2000)
- Miscioscia D. (1999) Miti affettivi e cultura giovanile, Milano: Franco Angeli, 2008.
- Horkheimer M., Adorno Th.W. (1956) “Soziologische Exkurse”, In Frankfurtef Beiträge zur Soziologie, vol IV, Frankfurt am Main. In Savonardo L. (2017) Pop music, media e culture giovanili: dalla beat revolution alla bit generation, Egea Editori, Milano.
- Savonardo L. (2017) Pop music, media e culture giovanili: dalla beat revolution alla bit generation, Egea Editori, Milano.
- Spaziante L. (2007) Sociosemiotica del Pop. Identità, testi e pratiche musicali, Carrocci Editore, Roma.
- Thornton S. (1998) Dai Club ai Rave. Musica, media e capitale sottoculturale, Milano: Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1998.