Quando teniamo davvero a qualcosa, è naturale appassionarsi. Nei momenti di confronto, come negli agoni politici, questa passione si manifesta con intensità: idee, visioni e convinzioni si scontrano. E tutto questo non è solo comprensibile, ma anche sano, perché, come la psicologia ci insegna, il conflitto, se gestito con consapevolezza, può essere uno strumento potente di trasformazione.
Tuttavia, quando le emozioni si accendono senza trovare un contenitore che le possa accogliere e trasformare, il rischio è che il dibattito degeneri, facendoci cadere nella trappola delle divisioni, della comunicazione polarizzata: ci sono i buoni e i cattivi, gli onesti e disonesti.
Negli ultimi giorni, abbiamo visto come questa dinamica possa prendere forma, esasperata da messaggi che non si limitano a un confronto sano e costruttivo, ma si spingono verso narrazioni divisive, dove l’obiettivo non è più il dibattito sui temi, ma l’esclusione e la delegittimazione dell’altro.
E ciò che più preoccupa è che questa retorica, apparentemente diretta a singole persone o episodi, finisce per colpire l’intera comunità professionale, perché mina alla base l’immagine di chi siamo e di cosa vogliamo rappresentare.
Se la comunicazione riflette chi siamo, allora dobbiamo chiederci: cosa stiamo comunicando alla società quando permettiamo che attacco e svalutazione diventino il linguaggio della nostra categoria? Quale fiducia possiamo ispirare, come professionisti che si occupano di relazioni umane, se ci lasciamo trascinare in dinamiche che frammentano invece di unire?
La psicologia ci insegna che le parole hanno un peso, che il linguaggio crea realtà. Gli attacchi personali, la retorica polarizzante, l’incapacità di sostenere un dialogo rispettoso e autentico non solo distolgono l’attenzione dai temi veri, ma rischiano di indebolire la fiducia reciproca e il senso di appartenenza a una comunità che, al contrario, dovrebbe essere unita proprio nelle sue diversità.
In un momento così delicato per la nostra professione, non possiamo permettere che il dibattito pubblico si riduca a un’arena, dove chi grida più forte cerca di avere ragione. Abbiamo una responsabilità verso noi stessi e verso la categoria: quella di riportare il confronto su un piano di rispetto, di riflessione critica e di attenzione alle priorità reali.
E allora, torniamo alle cose importanti.
Il recente report sulla professione in Lombardia, coordinato dal prof. Claudio Bosio e promosso da OPL, ci offre uno sguardo chiaro sulle sfide che ci attendono, ma anche sulle opportunità per il futuro della nostra comunità. È da qui che dobbiamo ripartire.
- Valorizzare le competenze delle colleghe: la nostra è una professione al femminile, ma il gender gap retributivo resta una ferita aperta. Garantire pari opportunità economiche è una priorità.
- Sostenere i giovani professionisti: la precarietà contrattuale è diffusa. Servono percorsi di supporto e valorizzazione delle competenze per chi si affaccia alla professione.
- Ripensare la formazione: i percorsi universitari devono essere più pratici e professionalizzanti, per preparare le nuove generazioni alle complessità del lavoro.
- Promuovere la pluralità dei contesti professionali: dalla scuola ai servizi sociali, fino al settore aziendale, dobbiamo investire nella diversità di ambiti in cui la professione si declina e creare nuove opportunità.
Questi non sono semplici temi amministrativi: sono le fondamenta per una professione più forte, inclusiva e riconosciuta.
Non possiamo lasciare che il dibattito si riduca a polemiche sterili. Crediamo che la nostra professione, fondata sull’ascolto e sulla collaborazione, meriti di più.
Torniamo a confrontarci con rispetto, concentrandoci sul benessere della comunità e sulla costruzione di una visione condivisa per il futuro.
Le elezioni non sono solo un momento di scelta, ma un’opportunità per definire insieme le nostre priorità. È il momento di lasciare da parte le divisioni, per lavorare con spirito critico e costruttivo.
Le polemiche passano, i risultati restano. Concentriamoci su ciò che conta davvero e costruiamo insieme un futuro migliore per la nostra professione.
Le colleghe e i colleghi dell’Associazione Professione Psicolog*